Tavole anatomiche

E’ un corto circuito generato dalla nostra percezione visiva quello che ho voluto creare con questo insolito fotomontaggio.
Scampoli ingranditi del mio stesso corpo diventano, all’interno della sua silhouette, abnormi deformazioni e creano una sorta di percezione pornografica della disfunzione.
L’intento è quello di creare uno sconcerto assoluto rispetto a dei corpi apparentemente osceni.
Il dorso della mano, l’interstizio tra le dita, un ritaglio di pelle, una piega, un’imperfezione sono tutti dettagli che diventano altrettante deformità: un cuore che pulsa esterno al corpo, un profondo solco che taglia l’intero dorso come una gigantesca cicatrice o una cavità deforme che divora il petto.
Il mio corpo al microscopio può essere paradossale, la relatività della percezione disorienta, ciò che di solito nella sua banalità non viene notato diventa qui mostruoso.

 

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io tu

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“io tu” prosegue la riflessione sull’io, sul nostro essere allo stesso tempo interni a noi stessi ed esterni attraverso il nostro riflesso nell’altrui sguardo.

L’io non si interroga qui sulla sua posizione lungo l’asse temporale della dimensione artistica quanto piuttosto sul dove porsi rispetto ad essa.
Io è l’artista ma è anche chi fruisce dell’opera e a quel punto la differenza tra io e tu diventa soprattutto una differenza di punti di vista: leggendo “io” si è dentro l’opera, leggendo “tu” se ne è al di fuori, si diventa estranei.

La continuità visiva tra le due lapidi è anche continuità semantica e sottolinea l’ambiguità dell’io nell’opera d’arte.

 

IO

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Alla base di questo lavoro c’è una mia riflessione sulla differenza semantica tra memoria e ricordo.

Mentre il concetto di memoria riporta a un punto più o meno definito sulla freccia del tempo, il ricordo ha invece una matrice poetica che sembra porlo al di fuori della dimensione temporale trasformandolo in emozione, sentimento.
L’interrogativo cui l’opera risponde è se sia possibile trasportare anche il presente in quella stessa dimensione, farlo diventare ricordo, pur mantenendone l’attualità.

E cosa è più rappresentativo del presente dell’IO, in cui viviamo ogni momento il nostro essere qui ed ora? Ma IO è anche tutto il passato che ha portato ad essere quello che si è, è inscindibile da tutto ciò che è stato prima.
IO è dunque già di per sé la risposta che cerca una forma.

Ho cercato di far assumere al presente i contorni del passato rappresentandolo come reperto archeologico. Un IO che si vuole conservare in tutto il suo spessore storico è già ricordo, ai miei occhi.

In quale altro modo si può modellare la profondità dell’individualità che cerca di uscire dal tempo? quale altra forma può prendere questo IO che si vorrebbe partecipe di una dimensione poetica e proprio per questo intemporale?

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Sequenza esecutiva di Varco

La descrizione di questo dipinto non può che essere un dialogo. Un incontro, uno scambio e di conseguenza un legame.
Un ricordo è per definizione un legame, quello tra il presente e il passato e quest’opera affonda le radici nel passato per far germogliare qualcosa che non c’è.

Ogni giorno tornata da scuola una volta poggiata la forchetta a conclusione del pranzo consumato col pensiero che già si precipitava giù per quelle scale, ogni volta, aperta la porta, per un attimo affacciata alla ringhiera Antonella guardava verso il basso quelle piastrelle rosse che sembravano cosi piccole là in fondo illuminate dalla luce del cortile.
Era quello il suo momento e iniziava sempre con quella discesa di corsa, mentre sfiorava con le dita il corrimano come trasportata dalla spirale di uno scivolo girava attorno a quel punto rosso che si faceva sempre più grande, la luce del cortile sempre più intensa le stringeva le palpebre come un diaframma che s’imposta per un’immagine perfetta: fuori.
Liberarsi, togliersi di dosso la tristezza e i pensieri come polvere, respirare aria limpida per riaversi come, nell’orto, sedano croccante dopo la pioggia.

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Questo racconto è qualcosa che non c’è, qualcosa che esiste unicamente nella dimensione poetica di ciò che è solo immaginabile, ma proprio per questo perfetto.