Escape

“Escape” – Legno di larice e tasti di computer (125 x 15 x 3,5 cm) – Opera di Alberto Festi

La chiave di lettura per quest’opera incredibile ce la dà l’artista stesso, che la definisce una sorta di “poesia tridimensionale”, una forma poetica intermedia tra quella che si esprime attraverso la scultura e quella che usa le parole e le loro sonorità per rivelarsi.
È un’opera a mio avviso incredibile perché di una semplicità e di un’evidenza estrema, quella semplicità ed evidenza che coincidono con la bellezza proprio in virtù del fatto che sono semplici ed evidenti.
È poesia nel senso più stretto del termine: è lirica perché per manifestarsi usa la musica insita nella parola articolata.

“Fuggi” è innanzitutto una parola melodica e dall’eleganza un po’ desueta, con quelle vocali chiuse e le consonanti non occlusive che le conferiscono un suono sussurrato e continuo.

“Fuggi” è anche una forma imperativa, un comando o un consiglio, che però genera un dubbio relativo all’azione da compiersi, vale a dire se sia essa da eseguire con tutto il corpo oppure solo con i polpastrelli, scappando via oppure digitandola sui tasti come se si trattasse di un software da cui si vuole uscire, di fatto stando fermi.

“Fuggi” diventa infine una forma tridimensionale, attraverso i volumi di quegli oggetti in plastica che premendo si possono far affondare un po’ di più nel legno, come se la via di fuga potesse essere proprio lì nella profondità aggiunta dal movimento.

O dall’immobilità rispetto alla quale quel movimento si definisce.

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